Il calcio ovunque. Un racconto da Dakar

Amare il Senegal significa anche specchiarsi nello stesso amore per il calcio che c'è in Italia. Ritrovare la stessa passione. Un amore meno tossico, meno inquinato dai soldi che innervano il football in ogni suo aspetto, meno urlato. Certo un amore che è anche molto interessato quello dei senegalesi per il pallone. I calciatori che hanno fatto fortuna in Europa sono star. I leoni della nazionale in divisa verde - con il quarto posto ai mondiali del 2002 e il secondo nella coppa d'Africa dello stesso anno - sono parte dell'epos nazionale.

Soprattutto il fatto che calcio sia una leva di mobilità sociale non cambia al variare delle latitudini. Come in Italia così in Senegal. Con una variante: in Africa il pallone è soprattutto uno dei modi per migrare in Europa in condizioni radicalmente migliori rispetto ai viaggi della speranza attraverso il deserto libico e sui barconi nel mediterraneo.

Non mancano, a Dakar, scuole calcio con osservatori europei, alcune fondate da giocatori ancora in attività, uno su tutti l'attaccante della Fiorentina Khouma el Babacar.

Dakar è piena di campetti in cemento e in terra battuta o meno, e chi ama il calcio non può fare a meno di fermarsi qualche minuto e godersi lo spettacolo, di immutabile bellezza, che una volta Zdenek Zeman ha descritto così: "La grande popolarità che ha il calcio nel mondo non è dovuta alle farmacie o agli uffici finanziari, bensì al fatto che in ogni piazza, in ogni angolo del mondo, c'è un bambino che gioca e si diverte con un pallone tra i piedi".

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