A North Nkoranza ogni famiglia conosce la migrazione

11 gennaio 2018 - La campagna di sensibilizzazione e informazione di Stop Tratta continua in Ghana con l'importante contributo delle nostre civiliste Anna ed Esther. Ecco una pagina del loro "diario" che parte dal drammatico "naufragio dell'Epifania" nel quale hanno trovato la morte più di 60 persone. 

La tranquilla e soleggiata mattina del 7 gennaio ti alzi quando già la maggior parte dei tuoi vicini è già andato e tornato dalla messa domenicale, che dura dalle 2 alle 3 ore, e la prima notizia che leggi è quella del naufragio avvenuto oltre le coste di Tripoli. Nessuna ONG o guardia costiera abbastanza vicina per poter evitare il naufragio o per lo meno soccorrere in tempo le 150 persone ammassate su quel gommone. Leggi una prima volta l’articolo di fretta, cercando con ansia dei numeri – i numeri delle vittime – sperando siano dei numeri piccoli, sperando che come nel caso dei salvataggi avvenuti nell’ultimo mese tutti siano stati messi in salvo, ma no. Questa volta non è così e i numeri dei corpi recuperati, sebbene contenuti, non sono niente in confronto al numero dei dispersi. Sembra che chiamarli ‘dispersi’ faccia meno male, ma è un aggettivo ancora più infame, perché sai che le persone che non ce l’hanno fatta e che hanno trovato la morte in quel mare, da quel mare mai ne usciranno, nemmeno per una degna sepoltura.
Da persone a numeri, numeri che vanno a sommarsi alle 33.293 vittime delle politiche migratorie europee, dal 1993 fino ad oggi, come documentato nella lista pubblicata da Tagesspiegel lo scorso novembre. Una lista infinita di numeri, nazionalità, a volte nomi, lunga 48 pagine. Più i numeri sono elevati, meno la probabilità di conoscere l’identità delle vittime. I più grandi naufragi riportano niente più che la voce ‘Afrika’, quasi come una beffarda generalizzazione.

A Nkoranza North, un modesto distretto nel centro della regione Brong-Ahafo, di generalizzazioni non ne fanno. Sono sicuri, dice hon. Gifty, a capo del distretto, we know. “Siamo sicuri che ogni volta che sentiamo di un naufragio nel Mar Mediterraneo, almeno un nostro giovane ha perso la vita”. Sono così sicuri che dicono dovremmo aprire un corso di agricoltura e mettere la sede del progetto lì, non a Sunyani. “Quelli di Sunyani, della città, non migrano, lì stanno bene. Non come qui a North Nkoranza”. L’unica cosa che possiede il distretto, oltre a sussistere di agricoltura, è il Monkey Sanctuary, una riserva boschiva molto vasta che ospita 700 scimmie, di varie specie diverse, una potenziale attrazione eco-turistica. Ma la strada per raggiungerlo è molto dissestata e la gente dei villaggi vicini, quasi disabitati, e coperti da polvere rossa, non sembra godere di questa risorsa, l’unica del territorio. Prima di andare ad incontrare il rettore di Busunya Senior High School, dove il giorno dopo avremmo tenuto un evento di awareness raising, hon. Gifty ci fa promettere che la prossima volta c’è da includere anche l’altra scuola superiore del distretto, “perché tutti devono essere informati sui rischi del viaggio per la Libia, e tutti devono sapere quali sono le condizioni in Europa in questo momento”.

Nonostante il flop iniziale dell’evento a Busunya SHS – senza corrente e senza una parete abbastanza scura dove proiettare il documentario con le testimonianze dei migranti di ritorno - ci improvvisiamo in un’ora di presentazione tentando l’interazione con i 700 studenti della scuola, seduti stretti stretti su delle panche di legno, e finite le panche, in piedi. Gli insegnanti sono seduti a un tavolo a parte, guarnito di tovaglia di seta e di fiori. Alla domanda, “avete qualche vostro parente o amico che è emigrato dal Ghana?” Tutti rispondono che sì, almeno un conoscente è partito. Che fine ha fatto non si sa, but they left. La maggior parte degli insegnanti però non sembra essere troppo coinvolta, tranne alla fine, quando si distribuiscono le magliette. Ti domandi quindi se tutte quelle parole spese saranno mai servite a qualcosa, perché quando ti ritrovi davanti a 700 adolescenti da sola con un microfono e tante, troppe cose da dire, spesso le tue argomentazioni non sembrano avere granché senso. Non si tratta di convincere, ovviamente, ma si tratta di far passare anche solo l’1% delle informazioni che abbiamo su ciò che è la tratta dei migranti, il viaggio nel deserto, le condizioni deplorevoli in Libia, e non meno deplorevoli in Italia e in altre parti d’Europa. Se solo sapessero, if only.

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