le radici della migrazione a Kranka - Ghana

Le radici della migrazione: in missione a Kranka

Quando bisogna analizzare un fenomeno si deve sempre partire dalle radici; come per identificare una malattia o come per produrre un sillogismo. Le migrazioni troppo spesso sono viste solamente dall’approdo o dall’ultima parte del viaggio, non si va mai oltre, non si cerca di capirne le cause. Noi, invece, siamo andati alla fonte, siamo andati a Kranka, villaggio del centro del Ghana, dove attingono alcune delle radici della migrazione.

Il solo arrivare a Kranka è di per sé un’impresa: praticamente non esistono strade, ma una sola lunga striscia di terra battuta che come un serpente si inerpica sulla collina; nuvole di polvere rossa ti avvolgono ed oscurano il cielo. Questo comporta un grossissimo problema per i contadini di Kranka che non possono trasportare i loro prodotti al mercato di Techman: solo con un’automobile 4x4 è possibile percorrere questa strada, che ovviamente non possiedono. Una volta arrivati al villaggio, iniziamo a svolgere delle interviste per selezionare i ragazzi e ragazze che frequenteranno i corsi di agricoltura organica al dipartimento di agricoltura salesiano di Sunyani. Come un lento pellegrinaggio questi ragazzi compaiono come fantasmi dalla polvere e compostamente aspettano il proprio turno per donare i propri dati e le proprie informazioni.

UNO STRANO FANTASMA BIANCO SI AGGIRA PER KRANKA

Il sole brucia tutto e le uniche ombre che danno refrigerio sono quelle degli sparuti alberi che si trovano qua e là. Cerco di trovare un posto ombroso sotto quegli alberi, ma non faccio in tempo a godermi la tiepida temperatura che compaiono numerosi bambini dalla scuola accanto al posto in cui stiamo svolgendo le nostre interviste. I bambini mi accerchiano, alcuni hanno paura se mi avvicino, altri entusiasti di vedermi mi zompettano attorno, gridando e ridendo. Alcuni di loro per curiosità mi toccano di sfuggita il braccio come per verificare che il bianco della mia pelle non sia una specie di vernice che mi sono dipinto e rimangono estremamente sorpresi nel capire che la mia pelle è effettivamente bianca. Rimango incuriosito da questo atteggiamento e cerco di capirne il perchè, chiedo a “Pope” il nostro logista e mi spiega con calma serafica che per questi bambini è la prima volta che vedono un uomo bianco e si comportano di conseguenza, alcuni hanno paura, alcuni osservano a distanza, altri toccano per verificarne l’effettiva mia esistenza. A Kranka anche l’uomo bianco è raro, un villaggio immerso in una nuvola di polvere dimenticato dal mondo, dallo sviluppo e forse anche da Dio.


LA COLTRE ROSSA CHE VELA IL VILLAGGIO

Le interviste continuano, i bambini sono sempre più attratti da me, come orsi verso il miele, il caldo aumenta, ma Kranka rimane costantemente velato nella sua polvere rossa. La mancanza di strade percorribili che lo possano collegare a centri urbani più grandi, l’aridità proveniente dal Sahara che avanza redendo difficile la coltivazione, la mancanza di servizi pubblici rendono questo piccolo villaggio un terreno fertilissimo per l’emigrazione, infatti molti dei ragazzi che parteciperanno ai corsi in agricoltura organica, sono dei migranti di ritorno. Ritornare alle radici, alle proprie radici, rizollarle e fertilizzarle con nuovi nutrimenti, aspettando nuovi frutti di speranza.

Una volta finite le interviste tutto riviene fagocitato dalla polvere rossa, i ragazzi e le ragazze delle interviste ritornano nei loro campi arsi dal sole, i bambini ritornano nelle aule scolastiche, ricordando per chissà quanto tempo che una strana creatura bianca gli ha fatto visita, ed anche noi ritorniamo verso casa ripercorrendo la strada che sembra un rosso serpente, o meglio una lunga e fitta radice che sprona le persone a fuggire da un posto inacessibile, arido e colmo di una polvere che soffoca qualunque sogno. 

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