Stop Tratta: al via l'erogazione di microcrediti!

In questi giorni il Presidente di Missioni Don Bosco Gianpietro Pettenon è stato in viaggio in Ghana, nei territori di Stop Tratta, per incontrare i partner e i referenti locali, come le Queen Mothers, e raccogliere le testimonianze di chi vive sulla propria pelle le difficoltà dell'emigrazione irregolare. Ci ha mandato un resoconto di questi giorni in un "diario" che spiega bene il senso di questo viaggio. 

Cari amici,
spesso quando si scende dall'aereo e si entra nella capitale di un paese in via di sviluppo, com'è il questo caso Accra la capitale del Ghana, si può facilmente essere tratti in inganno sulle reali condizioni di vita della gente comune dell'intero paese.
Le capitali si assomigliano un po' tutte: un centro pulito, ordinato, con l'asfalto liscio, i semafori che funzionano, le aiuole fiorite.
Ma il vero Paese si incontra man mano che si va verso la periferia e poi in aperta campagna o.... foresta. Viaggiare in auto sulle strade del Ghana è faticoso a causa delle continue buche sull'asfalto e dei dossi artificiali non segnalati, con altezze che fanno toccare il fondo dell'auto ad ogni passaggio. 
Un fenomeno del tutto particolare sono i venditori ambulanti che si appostano ai semafori, in prossimità dei dossi, o dei caselli per i pedaggi stradali... insomma dove le auto sono costrette a fermarsi, li' trovi un fiume di persone che ti vengono incontro per vendere di tutto. Le donne con enormi cesti portati sulla testa vendono frutta, bibite, acqua fresca e il pane. I ragazzi e gli uomini invece vendono le cose più improbabili: cuscini, pentole, cavi elettrici, strofinacci. Ho visto ragazzi con un termos-frigo in testa che vendevano gelati!!!
Ci hanno spiegato che tutte queste persone vengono dal nord del paese, la zona più povera e soggetta a cicliche carestie in cui si arriva a patire la fame. Sono migranti interni al paese, che vivono in ricoveri di fortuna e messi sulla strada da commercianti senza scrupoli a vendere di tutto, per poter sopravvivere. Sono questi purtroppo quei giovani che per primi abboccano al miraggio del viaggio in Libia attraverso il deserto, e con i barconi sperano di arrivare a Lampedusa o almeno di essere soccorsi da una nave italiana che staziona sul Mediterraneo per salvare vite umane in forte pericolo di naufragio. Cos'hanno questi giovani da perdere rischiando la vita per venire in Europa? Nulla.
Stare dodici ore al giorno sulla strada, in piedi, a rincorrere su e giù per le file di auto i possibili acquirenti che dai finestrini dell'auto chiedono di comprare una bottiglietta d'acqua, stando tutto il tempo sotto il sole tropicale e respirando i gas di scarico delle auto che appena possono accelerano per ripartire dallo stop, si può forse chiamare "prospettiva di futuro"? Finché non li vedi non te ne rendi conto. Questi non hanno proprio niente da perdere, nulla che li possa trattenere nel proprio paese invece di tentare la fortuna con viaggi disumani verso un'Europa che appare loro come il "paradiso terrestre". L'inferno lo conoscono già ed è quello che vivono tutti i giorni, il "paradiso europeo" invece non lo conoscono e li attrae tantissimo.
Il tema dell'immigrazione illegale in Italia è molto sentito e a parlarne si rischia di toccare diverse sensibilità, tutte rispettabili. Certamente l'attuale sistema non funziona. Porre barriere a difesa dei confini nazionali vediamo che non serve, o almeno non è efficace. Perché quando uno è partito, ha voglia di arrivare alla meta del proprio viaggio, costi quel che costi.
Noi salesiani di Missioni Don Bosco siamo convinti che la possibile soluzione sia quella di intervenire nei paesi di origine per sradicare le condizioni di vita che favoriscono l'emigrazione. È Il sistema preventivo di Don Bosco, che cerca di prevenire il male con il bene.
Per passare dalle parole ai fatti negli ultimi tre anni abbiamo avviato, in collaborazione con la ONG salesiana di Roma "VIS - Volontariato Internazionale per lo Sviluppo",  una campagna di sensibilizzazione e di intervento nei paesi di origine di chi emigra dall'Africa  per motivi economici, dal nome emblematico STOP TRATTA.
Proprio in Ghana, nella città di Sunyani dove siamo stati in visita, ne abbiamo visto i frutti e programmato le tappe future.

Con l'aiuto dei nostri benefattori abbiamo anzitutto avviato una campagna di sensibilizzazione verso i pericoli e le difficoltà dell'immigrazione illegale e l'abbiamo fatto con l'aiuto dei salesiani presenti in loco e delle parrocchie di tutta quella diocesi. Una informazione capillare che è passata anche attraverso gli strumenti di comunicazione che usano i giovani: social network e radio locali.

Abbiamo avviato poi dei corsi di formazione professionale in ambito agricolo installando una serra didattica - la green house - per insegnare ai giovani a coltivare ortaggi in maniera professionale e al tempo stesso biologica.

Siamo ora entrati nella terza ed ultima fase del progetto. Aiutare i giovani così formati a comprarsi una serra ed avviare una attività di impresa in proprio. Abbiamo trovato una ottima rete di collaborazione fra diversi partners del territorio. Presso il centro di formazione professionale dei salesiani si tengono i corsi, le autorità locali "queen mother" hanno approvato questa iniziativa e messo a disposizione la terra dove poter installare le nuove serre che saranno utilizzate dai nuovi formati, le banche locali hanno accolto l'impegno a gestire i prestiti istituiti dal fondo del progetto, assumendosi così un incarico delicato ma necessario alla buona riuscita dell'impresa. Il microcredito che viene erogato consiste in una somma che oscilla dai mille ai tremila euro per persona, da restituire in un periodo massimo di tre anni. In questo modo siamo in grado di creare un circolo virtuoso che dia ai giovani la possibilità di costruirsi un futuro sostenibile senza dover pensare all'emigrazione come unica chance di riscatto dalla miseria.

Se poi questa partnership fra attori del medesimo territorio prende un buon avvio, siamo pronti ad aprire lo strumento del microcredito anche a tutti gli allievi della scuola salesiana che ne faranno domanda al termine della qualifica professionale. Così che non solo gli addetti al settore agricolo ne potranno beneficiare, ma anche i muratori, i falegnami, i meccanici, le cuoche. 

Coscienti che da soli non saremo in grado di arrestare il flusso di migranti irregolari che a rischio della vita tentano lo sbarco in Italia, siamo però convinti che quello che stiamo realizzando è un segno che va nella giusta direzione per dare una risposta concreta a questo fenomeno.

Ci auguriamo che chi ha responsabilità istituzionali trovi gli strumenti adatti per camminare in questa direzione ed investa risorse per creare lavoro nei paesi di origine, invece che per erigere muri, barriere e recinti, che non sono degni di una società civile.

Giampietro Pettenon, Presidente Missioni Don Bosco 

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