In Italia chi decide se una persona è un rifugiato politico?

La valutazione circa la sussistenza dei requisiti per la concessione dell’asilo politico spetta al Ministero dell’Interno. Le Commissioni Territoriali del Ministero accertano, al termine dell’audizione del richiedente asilo, se questi abbia o meno diritto al riconoscimento dello status di rifugiato (o a una qualche altra forma di protezione internazionale).Arrivare davanti a una Commissione Territoriale, per uno straniero che sbarchi a Lampedusa, è un percorso lungo e complicato e spesso comporterà oltre un anno di attesa.

Prima di arrivare alla fatidica audizione, infatti, lo straniero sarà soggetto a identificazione da parte della competente autorità nazionale. In Italia, lo straniero sarà identificato a cura della Polizia di Stato, che procederà a raccogliere le impronte digitali e la domanda di protezione internazionale. In questo processo, lo straniero non sarà assistito da nessuno se non dai mediatori culturali che operano a supporto della Polizia di Stato.

COSA PREVEDE IL REGOLAMENTO DI DUBLINO?

Una delle critiche che viene più spesso mossa a questo sistema è la seguente: visto che la maggior parte dei richiedenti asilo che arriva in Italia non vuole rimanere nel nostro Paese, ma intende proseguire il proprio viaggio verso altri Paesi europei, come mai è l’Italia a doversi far carico di esaminare tutte le domande di protezione internazionale?

Ad imporlo è un Regolamento dell’Unione europea, e più precisamente il Regolamento UE n. 604/2013, meglio conosciuto come Regolamento di Dublino.

Il Regolamento di Dublino impone che ad esaminare la domanda di protezione internazionale di un richiedente asilo sia il primo Stato membro nel quale lo straniero fa il suo ingresso. Il sistema è unanimemente considerato iniquo, perché di fatto comporta che le domande esaminate da Italia e Grecia siano di gran lunga superiori a quelle esaminate dagli altri Stati dell’Unione europea, il che compromette anche l’efficienza e la velocità di esame delle domande. A fronte delle numerose critiche cui il Regolamento di Dublino è stato sottoposto, l’Unione europea sta oggi elaborando un progetto di riforma che dovrebbe prevedere delle “quote” di richiedenti asilo da ripartirsi in maniera più o meno equa tra tutti gli Stati membri.

ECCO TUTTO L'ITER DELLE DOMANDE DI PROTEZIONE INTERNAZIONALE 

In ogni caso, il sistema attuale prevede che la Questura competente effettui un primo screening della domanda di protezione internazionale e rilasci allo straniero un permesso di soggiorno temporaneo, che resterà valido (in teoria) fino a quando la Commissione ministeriale non avrà esaminato la domanda di protezione internazionale. In teoria, perché il permesso avrà durata semestrale e le chance che lo straniero sia ascoltato dalla Commissione entro sei mesi sono assai scarse. Lo straniero dovrà quindi, di volta in volta, chiedere che la validità del permesso di soggiorno sia prorogata.

La Questura non può respingere la domanda di protezione internazionale ma deve obbligatoriamente inoltrare la stessa alla competente Commissione Territoriale, che fisserà l’audizione personale del richiedente asilo e soltanto al termine dell’audizione deciderà della domanda. La domanda di protezione internazionale dello straniero considerato un pericolo per la sicurezza e l’ordine dello Stato non sarà accolta, ma dovrà comunque essere esaminata. La Commissione può ritenere di non ascoltare il richiedente asilo solo se, in base alla documentazione ricevuta dalla Questura, perviene immediatamente ad una decisione favorevole per lo stesso. In tutti gli altri casi la domanda deve essere esaminata.

La Commissione ascolterà quindi il richiedente asilo, che normalmente non avrà l’assistenza di un avvocato ma soltanto l’ausilio di un interprete, redigerà verbale delle dichiarazioni rese dallo stesso (a seguito delle ultime novità introdotte nell’ordinamento italiano, l’audizione dovrà essere videoregistrata) e deciderà se accogliere o rigettare la domanda di protezione internazionale. La Questura provvederà poi a comunicare la decisione della Commissione Territoriale al richiedente asilo (a seguito delle ultime novità introdotte nell’ordinamento italiano, la notifica potrà anche essere effettuata direttamente dalla Commissione Territoriale a mezzo del servizio postale).

La decisione con la quale la Commissione Territoriale nega la protezione internazionale è immediatamente esecutiva e conduce all’espulsione del richiedente dallo Stato italiano e, quindi, al rimpatrio dello straniero. Contro la decisione che neghi il riconoscimento della protezione internazionale, il richiedente asilo potrà (questa volta sì con l’ausilio obbligatorio di un avvocato) presentare entro trenta giorni ricorso in Tribunale. La presentazione del ricorso sospende, salvo alcuni casi particolari, l’esecutorietà della decisione della Commissione che abbia negato la protezione internazionale. Se anche il Tribunale respinge la domanda di protezione internazionale, il richiedente avrà diritto a ricorrere alla Corte di Cassazione, che potrà riformare il decreto emesso dal Tribunale soltanto se quest’ultimo sia incorso in un errore di diritto (in sostanza, la Cassazione non esamina i fatti posti a fondamento della domanda del richiedente asilo).

Pietro Bombonato 

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